A Vittorio Arrigoni

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  1. Scilla
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    A Vittorio... e che la lotta per i Diritti della Palestina, non finisca.

    Sperando il suo blog, continui a vivere

    http://guerrillaradio.iobloggo.com/


    ***********************************
    Qui il saluto della "sua" ONG

    http://palsolidarity.org/2011/04/17713/


    ***********************************

    C’è un momento nel quale vieni lasciato solo. Nel quale ti ritrovi isolato da un momento all’altro perché quelli che applaudivano, che ti dicevano bravo, quelli che erano d’accordo con te dalla prima all’ultima parola, quelli per i quali eri un punto di riferimento, sono semplicemente tornati alle loro vite.

    C’è un momento nel quale mille parlano e sembra un coro e un altro nel quale solo tu ti scopri conseguenziale con quelle parole. C’è un momento nel quale quella tua voce non la sente più nessuno e tu resti lì col tuo coraggio, con la tua vita, con i tuoi ideali, come una fotografia già scolorita. C’è un momento nel quale quel tuo “restiamo umani” agli altri sembra solo uno slogan. E’ quello il momento nel quale paghi, paghi amaramente, paghi tutto.

    Paghi il peccato di essere più avanti, paghi il peccato dell’incomprensione e della calunnia, paghi il peccato che gli altri, chiunque siano questi altri, non siano più in grado di capire che ci fai lì, perché sei ancora lì, perché ti ostini a testimoniare con la tua vita che quello che ieri importava a cento oggi sia una ragione di vita per te solo.

    Paghi il dire e il fare. Paghi che tu sia scomodo a Sparta come a Troia, paghi che a qualcuno tu convenga più morto che vivo, paghi l’esposizione all’estremismo.

    Vittorio come Enzo Baldoni nelle strade irachene, ma perché no, come Peppino Impastato, o perfino come Ernesto Guevara. Un passo più avanti, in basso e dal basso, con i palestinesi, con gli iracheni, per la pace, contro le mafie. C’è spesso un momento nel quale tutti spariscono. E allora per te diventa tutto buio.

    Gennaro Carotenuto
     
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  2. La favola mia
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    Non riesco ancora a credere che sia accaduto veramente.
     
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  3. Gabry**
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    CITAZIONE (Scilla @ 15/4/2011, 08:33) 
    A Vittorio... e che la lotta per i Diritti della Palestina, non finisca.

    Sperando il suo blog, continui a vivere

    http://guerrillaradio.iobloggo.com/


    ***********************************
    Qui il saluto della "sua" ONG

    http://palsolidarity.org/2011/04/17713/


    ***********************************

    C’è un momento nel quale vieni lasciato solo. Nel quale ti ritrovi isolato da un momento all’altro perché quelli che applaudivano, che ti dicevano bravo, quelli che erano d’accordo con te dalla prima all’ultima parola, quelli per i quali eri un punto di riferimento, sono semplicemente tornati alle loro vite.

    C’è un momento nel quale mille parlano e sembra un coro e un altro nel quale solo tu ti scopri conseguenziale con quelle parole. C’è un momento nel quale quella tua voce non la sente più nessuno e tu resti lì col tuo coraggio, con la tua vita, con i tuoi ideali, come una fotografia già scolorita. C’è un momento nel quale quel tuo “restiamo umani” agli altri sembra solo uno slogan. E’ quello il momento nel quale paghi, paghi amaramente, paghi tutto.

    Paghi il peccato di essere più avanti, paghi il peccato dell’incomprensione e della calunnia, paghi il peccato che gli altri, chiunque siano questi altri, non siano più in grado di capire che ci fai lì, perché sei ancora lì, perché ti ostini a testimoniare con la tua vita che quello che ieri importava a cento oggi sia una ragione di vita per te solo.

    Paghi il dire e il fare. Paghi che tu sia scomodo a Sparta come a Troia, paghi che a qualcuno tu convenga più morto che vivo, paghi l’esposizione all’estremismo.

    Vittorio come Enzo Baldoni nelle strade irachene, ma perché no, come Peppino Impastato, o perfino come Ernesto Guevara. Un passo più avanti, in basso e dal basso, con i palestinesi, con gli iracheni, per la pace, contro le mafie. C’è spesso un momento nel quale tutti spariscono. E allora per te diventa tutto buio.

    Gennaro Carotenuto

    Non avrei saputo scrivere parole intense come queste ma, mi mi riconosco in esse, le faccio mie.

    Spesso, mi sono ritrovata a pensare che, in certe situazioni ..."paghi che a qualcuno tu convenga più morto che vivo" ..

    Probabilmente, è successo proprio questo opp. come ha detto Michele Serra poco fa, ospite della Bignardi, è stato un gesto di sub-umanità !!

    Di fronte a tale concetto si azzera ogni prospettiva.

    Se scendiamo oltre la soglia dell'essere umani .. di noi resta, purtroppo, solo la stramaledetta sub-umanità ....
     
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  4. Scilla
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    Visto che riguarda la SUA... la 'nostra' Palestina, posto un articolo in merito ad una recente sentenza della corte Israeliana sull'uccisione di un'attivista americana per la Pace.

    Molti non si troveranno d'accordo, molti non ameranno la posizione espressa da questo articolo..ma personalmente mi ci ritrovo in toto

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    Rachel Corrie e l’ennesima prova dell’impunità dell’esercito israeliano
    di Chantal Meloni | 28 agosto 2012

    fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/28...aeliano/336630/

    Oltre alla grande amarezza per la decisione di oggi, ci sono due cose che a mio parere emergono dalla vicenda di Rachel Corrie:

    1. la cultura di assoluta impunità che caratterizza le azioni, violazioni e crimini commessi dall’esercito israeliano;
    2. la mancanza di considerazione e rispetto della vita umana a fronte delle logiche di difesa e sicurezza.

    Rachel, come i civili palestinesi che cercava – forse ingenuamente, certamente con passione e consapevolezza – di difendere, emergono quali vittime sacrificabili di questo conflitto; effetti collaterali di una guerra asimmetrica che protegge i militari molto piú che la popolazione civile.

    I fatti risalgono al 2003: siamo nel cuore della seconda intifada, gli scontri tra Israeliani e Palestinesi sono violentissimi. Sono gli anni degli attacchi terroristici da parte dei Palestinesi in Israele e delle dure repressioni da parte degli Israeliani in Cisgiordania e a Gaza.

    Secondo fonti israeliane, dei circa 4800 Palestinesi uccisi negli anni dalla scoppio della seconda intifada al 2008 solo un terzo o poco piú (35%) sarebbero stati coinvolti in attivitá militari o para-militari. Tra le 1053 vittime Israeliane meno di un terzo sarebbero stati militari (31%).

    La pratica della distruzione delle case palestinesi è ampiamente utilizzata dall’esercito israeliano. Come denunciano dagli avvocati del Centre for Constitutional Rights di New York, che ha tentato di portare in giudizio la Caterpillar, gli enormi bulldozer americani – ritoccati specialmente per gli usi di guerra israeliani – hanno distrutto piú di 4.000 abitazioni solo in quegli anni, ferendo, uccidendo o lasciando senza casa migliaia di famiglie palestinesi.

    Ufficialmente si tratta di bonificare il territorio dai presunti terroristi e di spianare le aree di confine (la c.d. buffer zone); in realtá si tratta spesso di ritorsioni, di punizioni collettive nei confronti della popolazione civile tutta, che come tali sono state a piú riprese condannate a livello internazionale, anche come distruzione di proprietá civile, che è vietata e prevista come crimine di guerra ai sensi degli articoli 53 e 147 della IV convenzione di Ginevra (a meno che la distruzione sia “assolutamente necessaria” ai fini dell’operazione militare).

    Rachel Corrie si opponeva a tutto ciò: armata di giubbotto arancione fosforescente e megafono si “interponeva” tra i soldati, o i bulldozer, e gli obiettivi da distruggere. Quando l’enorme Caterpillar l’ha schiacciata stava cercando di impedire che la casa della famiglia del medico palestinese ove era ospitata venisse rasa al suolo. I testimoni presenti con lei sul luogo al momento del fatto giurano da 9 anni che non è possibile che il soldato che guidava non l’avesse vista.

    I genitori di Rachel hanno un solo desiderio: che venga svolta un’indagine accurata e indipendente sulla morte di loro figlia. Per questo nel 2005 avevano presentato ricorso contro lo stato di Israele alla Corte di Haifa; a loro parere, l’indagine militare condotta nel 2003 e conclusa sbrigativamente al fine che nessuna responsabilità potesse essere imputata all’esercito israeliano non era accettabile.

    Dello stesso parere sono peraltro tutte le organizzazioni per i diritti umani, nonché l’ambasciatore americano in Israele, il quale, relazionando nel maggio 2011 al comitato per gli affari esteri americano, ha dichiarato: “Per sette anni abbiamo fatto pressione sul governo di Israele ai piú alti livelli perché conducessero una indagine accurata, trasparente e credibile sulle circostanze della sua (di Rachel Corrie) morte. Il governo di Israele ha risposto che considera il caso chiuso e che non ha intenzione di riaprire una indagine sull’incidente”.

    Il giudice Oded Gershon, presidente del collegio nel tribunale di Haifa, ha tuttavia avallato la decisione dell’esercito di non procedere con alcuna indagine penale nei confronti del soldato che guidava il bulldozer che ha ucciso Rachel Corrie, ed inoltre non ha riscontrato alcuna negligenza in tal senso da parte dello stato israeliano.

    Per chi conosce bene la realtà della giustizia militare israeliana viene da dire ‘tutto come da copione’. La mancata apertura di un’indagine accurata e indipendente sulla morte di questa giovane attivista americana va solo ad aggiungersi alle centinaia, migliaia, di mancate indagini aperte nei confronti di civili uccisi come vittime collaterali di questo conflitto. Come riportato da B’tselem, la piú importante organizzazione israeliana per i diritti umani, in dieci anni solo il 3% dei casi in cui è stata chiesta l’apertura di un’indagine per l’uccisione di palestinesi da parte di soldati israeliani ha originato un’indagine penale.
     
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  5. mery della valle
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    devo dire che mi inchino per l'argomento scelto con calma lo leggerò perchè mi interessa molto
     
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  6. davidecarnemolla
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    :o: :o: :o: :o: :o: :o: :o: Oddio Gaia spero che hai fatto copia e incolla! Anche io lo leggero successivamente con la calma!
     
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  7. nicolori
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    L'omertà che aleggia intorno alle vicende militari (non solo palestinesi ma interplanetarie direi) con il benestare di governi democratici o regimi, complici i depistaggi di stato, è una di quelle ingiustizie che mi indigna. Purtroppo non bisogna andare molto lontano per cercare episodi simili di giustizia incompiuta dettata volontariamente dal senso di impunità che sembra sia un diritto acquisito delle forze militari specie se in fasi di "guerra" o guerriglia. la storia che dovrebbe insegnare a non ripetere gli stessi errori, si ripete incessantemente e a pagarne sono sempre le persone che non possono difendersi per tanti motivi. E il solo fatto che questi militari stiano combattendo "per una giusta causa di stato", li scagiona dai più efferrati omicidi.
     
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6 replies since 15/4/2011, 07:33   100 views
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